Andora Inaugura sabato 9 dicembre al Contemporary Culture Center di Palazzo Tagliaferro “Scacchiere dell’immaginario” la mostra di Loredana Galante a cura di Christine Enrile con Viana Conti, che si inserisce nella programmazione prevista per le festività dal polo culturale andorese.
In occasione dell’opening, si preannuncia un’innovazione: l’apertura ufficiale della mostra alle 11.30, alla presenza del Sindaco del Comune di Andora Mauro Demichelis, dell’Assessore alla Cultura Maria Teresa Nasi, dell’Assessore alle Politiche Sociali Monica Risso. Dalle 12.00 alle 14.30 è prevista la partecipazione a un brunch con visita alla mostra e chiacchierata aperta con l’artista.
A partire dalle ore 15 avrà luogo una performance di Loredana Galante che, in collegamento-testimonianza con Barbara Bortolotti, scampata a un tentativo di femminicidio da parte di un collega di lavoro, darà vita alle parole del libro “Una storia Barbara” scritto da Sara Favarò (Armando Siciliano Editore). Alla luce di un impegno pluriennale contro la violenza di ogni genere, Galante ha specificamente pensato e ideato un evento per le iniziative del Comune di Andora a sostegno della Campagna contro la violenza sulle donne promossa dalle volontarie andoresi dello Zonta Club Alassio – Albenga.
Alle 16.00 la giornata si chiuderà con un incontro divulgativo volto a promuovere gli strumenti a disposizione delle donne per emanciparsi dalla violenza di genere, fisica e psicologica, organizzato dal Comune di Andora.
Fino al 28 aprile 2024 sarà poi possibile visitare, nelle suggestive sale del polo culturale di Andora, il percorso espositivo che presenta un corpus di opere dell’artista provenienti sia da storiche che recenti serie di acrilici su tela, acquerelli, teli ricamati, oggetti cuciti e installazioni site specific.
Ogni stanza del Contemporary Culture Center diventa riquadro-casella della scacchiera su cui Loredana transita per delineare un percorso di tasselli significativi, volti a comporre il mosaico onirico del suo immaginario.
Il gioco muove dai Tableaux tratti dall’opera “Come Acque Versate” -realizzata durante una residenza d’artista presso Dino Zoli Textile a Forlì – dove grafiche e disegni emergono dal blu profondo “(…) richiamando l’uomo verso l’infinito, verso lo spirito astratto di Wassily Kandinsky. Momento conclusivo e cuore della mostra è la stanza della Tela del Ragno, installazione site specific realizzata con centrini e lavori all’uncinetto raccolti e donati da svariate persone che hanno consentito all’artista di tessere una sua tela nella veste di Grande Madre, custode consapevole della fragilità di segreti, relazioni, rapporti umani, simbolicamente rappresentati dalla sottile ragnatela di aracnidi tessitori.
“Essere in relazione – ha dichiarato l’artista a Lorenzo Sabatini di ManinTown – è il tema portante del mio lavoro: un esercizio di inclusione e confronto, un conferire costantemente importanza all’altro da sé. Il mio lavoro attraversa gli strati emozionali, riabilita la gentilezza, esalta il sentimento. Persegue un tempo lento, consapevole, in ascolto, un tempo dell’assimilazione e della riformulazione costruttiva. Con il mio lavoro cerco di risvegliare un’appartenenza consapevole, sostenere con la parte migliore di ognuno un’appartenenza responsabile in cui trovare conforto.”
Collant, tazzine da caffè, grandi acrilici su tela, ricami, disegni, frutto di una ricerca incessante condotta dall’artista, avvalendosi di differenti medium, completano la rassegna che guida il visitatore nel mondo immaginario della poliedrica regista. Attiva sull’area della performance e dell’installazione, Loredana Galante si muove, da sempre, sullo scacchiere della rappresentazione come una Regina.
Nuova Alice nel paese delle meraviglie, Loredana Galante dà vita al suo immaginario creando una messa in scena di paradossi del senso che si può ricondurre, così come Gilles Deleuze ha rilevato, a quella che troviamo nella grande opera di Lewis Caroll. L’immaginazione – se vogliamo attenerci a un’esatta definizione – è l’insieme delle produzioni di una funzione mentale che appartiene al registro della riproduzione, per il potere che ha di far rivivere percezioni già provate e insieme creare immagini secondo combinazioni inedite.
L’inedito, l’inatteso, è quello che fa Loredana Galante ogni giorno assimilando, accogliendo, metabolizzando le sue esperienze. Il frutto della sua capacità creativa diventa una narrazione che reinventa il reale. Le installazioni, le performance e le opere per Loredana sostituiscono quello che per Alice erano le parole, ossia lo strumento per liberarsi dalla dittatura della coerenza del senso. L’assenza di senso sbriciola il tessuto che genera connessione che dà forma e struttura alle relazioni del mondo. Loredana recupera, disfa, taglia, e ricuce la tessitura rendendola simbolo relazionale che dà vita a nuove forme e nuovi nessi. Così come Alice gioca con il linguaggio, con la grammatica e con la sintassi inventando nuove parole, facendone parole-valigia, così la Galante gioca con gli oggetti, li reinventa, crea nuovi collegamenti, dando altri significati a forme esistenti.
Si tratta di un lavoro senza tregua, incessante, quasi compulsivo, di fabbricazione, partendo dall’esistente, di nuove esperienze del mondo e di sé. Un modo per esorcizzare il demone che la perseguita e che la porta – dando prova di grandi capacità introspettive – a energiche azioni quali la sua personale Rivoluzione Gentile.
Loredana Galante non cessa di costruire identità mutanti denunciando con azioni performative forti il suo posto nel mondo.
Spesso le sue installazioni generano inquietudine, inserendo l’artista nel solco del ciclo tematico, in divenire, Arte e Perturbante, inaugurato e approfondito, anche nel contesto museale svizzero di Ascona e di Monte Verità – dove Freud ha incontrato Jung – da Viana Conti, con cui modestamente la sottoscritta collabora. Un percorso che intende ricondurre alla modalità in cui l’artista esprime una condizione emozionale non solo ambivalente ma addirittura antitetica. Il Perturbante, inteso come categoria estetica, visuale, concettuale, performativa, analizzato nel suo dar adito a un paradosso cognitivo tra familiarità ed estraneità, conduce lo spettatore a una dimensione sospesa tra Realtà e Artificio, tra Conoscenza e Sogno, assumendo una coloritura di immancabile segno freudiano.
Christine Enrile