Il 27 dicembre si inaugura una mostra di cinque artisti, appartenenti a due generazioni differenti, ma la cui opera, sia storica che attuale, rientra nello scenario in fieri dell’arte contemporanea. Il termine francese lacaniano Extimité – definito anche parola-valigia, in senso carrolliano – che intitola l’esposizione, è riferibile a ciò che dell’intimità di un soggetto (in particolare quello creativo) viene esposto all’esterno mediante uno stretto confronto con l’altro e con l’altrove, con la profondità abissale dell’io e l’esteriorità multidimensionale dell’ambiente, alla luce di un’elaborazione profonda di se stesso. Perfino la lingua impiegata per parlare di sé appartiene all’alterità, alla funzione del linguaggio. Aprendo spazi al gioco di tensioni tra l’interiorità e l’esteriorità, le opere degli artisti esprimono gli estremi del dato emotivo sia nella percezione del piacere che del dolore, del desiderio o dell’inibizione. In un’etica del limite, elaborata dal filosofo Remo Bodei nella sua Geometria delle passioni, vincoli di ordine politico, familiare, confessionale, sociale, antropologico, mentale, interferirebbero sui destini personali o di massa, sulle ansie di realizzazione del singolo come sulle attese della collettività. Si ripresenta il confronto tra la questione della presentazione anti-illusionistica e della rappresentazione mimetica, del formalismo wölffliniano e dell’iconografia panofskiana, della mediazione tra lo sguardo fotografico e quello emozionale, tra l’inconscio tecnologico – teorizzato da Franco Vaccari – e l’inconscio psichico, teorizzati da Freud e Lacan, a livello archetipico da Jung.