ANDORA – La nuova stagione espositiva del Centro di Cultura Contemporanea di Palazzo
Tagliaferro ad Andora si apre con una doppia mostra personale che si inaugurano sabato 1
marzo 2014 dalle ore 18 alle ore 22.
“Il nuovo ciclo di mostre di Palazzo Tagliaferro si inaugura con una grande personale dedicata a una figura storica della “musica d’azione” come Giuseppe Chiari (Firenze 1926 – 2007) a dimostrazione della vocazione museale e dell’interesse per l’incontro fra discipline che questa “kunsthalle” sul mare intende alimentare. A lato di essa, la mostra di Giuliano Galletta, artista e giornalista ligure, che porta ad Andora il suo storico work in progress “Museo del Caos”, con una mostra curata dalla critica Viana Conti”.
“Il nuovo anno di attività Palazzo Tagliaferro – dichiara il Sindaco di Andora Franco Floris – si apre con un progetto che prevede una mostra d’importanza internazionale, e che sarà visitabile. durante tutto il periodo delle feste pasquali e fino al primo maggio, con aperture straordinarie rivolte ai cittadini ed ai tanti turisti che giungeranno in Riviera per i primi ponti primaverili. Andora ha scelto di essere all’avanguardia destinando Palazzo Tagliaferro ad una programmazione continuativa di eventi d’arte e di cultura, che stanno ponendo la città e l’istituzione su un piano d’importanza, e di attività, pari a quello dei capoluoghi di provincia”.
Giuseppe Chiari. Fantasticare
mostra e catalogo a cura di Nicola Davide Angerame
La personale antologica di Giuseppe Chiari (Firenze 1926 – 2007), realizzata con la collaborazione dell’Archivio Giuseppe e Victoria Chiari, attinge ad importanti prestiti per ricostruire il percorso creativo di questa figura storica di snodo, che ha saputo tradurre la musica in un oggetto visivo e concettuale, pur conservandone il valore sonoro ed anzi elevando l’intera realtà a
“musica”. “Suonare la città” (1965) e “Concerto per automobili” (1965) sono due opere in mostra che dimostrano come lo spirito utopico di Chiari abbia saputo produrre idee audaci, visioni avanguardiste e creazioni intese a scardinare le certezze accademiche sulla musica, per dar corpo a nuove pratiche e rivoluzionari modi di intendere la musica ed il suo rapporto con l’uomo.
La mostra raccoglie oltre 40 opere di Giuseppe Chiari, e si concentra in buona parte sugli anni Sessanta e Settanta della sua produzione, esponendo: le prime partiture a matita, le partiture fantastiche, i metodi per suonare le mani, le mappe visive per l’esecuzione delle “composizioni”, le istruzioni delle performance, il celebre video “Gesti sul piano” (prima esecuzione 1962,
probabilmente la sua opera più famosa), le partiture disegnate e dipinte, le frasi, i collage intesi come musica visiva, gli strumenti preparati; in una sala affrescata di Palazzo Tagliaferro sarà possibile ascoltare la lettura registrata, voluta dal curatore della mostra, di alcuni brani significativi del libro più importante pubblicato da Chiari, nel 1969, “Musica senza contrappunto”, che
rappresenta il caposaldo della sua poetica.
La mostra presenta anche due strumenti elaborati da Chiari, che rappresentano idealmente l’apertura e la chiusura di quasi mezzo secolo di lavoro: si tratta di “Senza titolo (Chitarra)”, del 1966, e dell’opera “Pianoforte” risalente agli anni Novanta. I due strumenti sono trasformati in sculture, ready made (oggetti trovati e pronti) che l’artista scompone (nel caso della chitarra)
oppure ammanta di segni (nel caso del pianoforte) fino a renderli inoperosi dal punto di vista musicale e dando loro una nuova vita nell’ambito dell’arte visiva.
Chiari preferisce scrivere trattati e metodi piuttosto che composizioni finite da eseguire in sale da concerto. Il suo habitat naturale è più il museo che non la sala da concerto. La sua passione è quella di trovare delle strutture più profonde che possano aprire la musica alla forza dell’udire. In questo sono significative le intuizioni apparse in “Musica senza contrappunto”,
che raccoglie le “partiture” (istruzioni) di decine di performance musicali. In una di esse, Chiari indica che l’esecutore deve ascoltare il luogo dove si esibisce e “raccontare” al pubblico i rumori, anche i più piccoli e insignificanti, che ode. Definita da lui stesso come “antimusica”, quella di Chiari rappresenta una strada poco battuta e profondamente radicale, un punto estremo che ha rappresentato per le generazioni successive una pietra di paragone e uno stimolo a pensare la
musica oltre ogni confine e celebrare l’arte come dichiarazione di libertà.
“Giuseppe Chiari – spiega il curatore Nicola Davide Angerame – ha rappresentato una delle più radicali e convincenti forme di arte utopica nell’Italia degli anni del boom economico e della contestazione. Libero studioso di musicologia, Chiari decide di assumere una posizione radicale nei primi anni Sessanta scoprendo la forza e la spinta propulsiva della “antimusica”, intesa come negazione della musica in senso accademico, pop o anche dodecafonico, al fine di difendere
il diritto di ciascuno di noi di “fare musica” come meglio crede, in qualsiasi momento, con qualsiasi cosa si abbia tra le mani, e anche non avendo nulla”.
Project Room
Giuliano Galletta. Materiale per un romanzo visivo
a cura di Viana Conti
La Galleria Civica di Palazzo Tagliaferro ad Andora, con il Contemporary Culture Center diwhitelabs, inaugura sabato 8 febbraio alle ore 17, in parallelo ed in interazione con la personale dell’artista storico Fluxus Giuseppe Chiari, a cura di Nicola Davide Angerame, la mostrainstallazione Materiali per un romanzo visivo dell’artista-scrittore-giornalista Giuliano Galletta, allestita nella Project Room, a cura di Viana Conti.
Fin dai suoi esordi, alla fine degli anni Settanta, Giuliano Galletta persegue un suo progetto (meglio anti-progetto) di romanzo visivo. Tutto il suo percorso creativo, ormai più che trentennale, può essere quindi letto come unico, interminabile, “racconto ipotetico”, messo in opera con gli strumenti comunicativi più diversi: performance, installazioni, video, collage, fotografia, scrittura; da una mostra all’altra, da un libro all’altro Galletta rielabora in modo quasi ossessivo i suoi temi: la crisi del soggetto, i limiti del linguaggio, il rapporto fra memoria e coscienza, il ruolo sociale dell’artista. In mostra, Galletta propone ai visitatori uno spaccato del suo “metodo” di lavoro; estraendo dal suo personale museo (e archivio) del Caos oggetti eterogenei, reperti di autoantropologia, siano essi vere proprie opere, testi, immagini, documenti, ma anche resti incongrui di una sindrome accumulativa, resoconti di un’ipnosi oggettuale, resi disponibili, squadernandoli su una specie di “bancarella dell’immaginario”. Il visitatore/spettatore/lettore ha la possibilità di costruire intorno ad essi un proprio percorso, scoprire come in un rebus l’impossibile intreccio del romanzesco. Come spiega l’artista, infatti. “il romanzesco si situa in quello spazio rosso che separa o unisce parole, cose, immagini. Uno spazio che diventa quindi agibile, centro dell’instancabile lavorìo del contingente. Come disse una volta Deleuze, il soggetto perde la sua Trama a favore di un patchwork che prolifera all’infinito”.
Si ringraziano (in ordine alfabetico)
Andrea Alibrandi, Luigi Bonotto, Roberto Casamonti, Mario Chiari, Viana Conti, Gino Di Maggio, Simone e Carlo Frittelli, Caterina Gualco, Gianni Martini, Massimo Minini, Carlo Palli, Gianfranco Pangrazio, Nino Soldano, Tommaso Tozzi e Marco Casari, Tommaso Trini. Galleria Frittelli Firenze, Galleria Il Ponte Firenze, Galleria Martini & Ronchetti Genova, Galleria Massimo Minini Brescia, Galleria Tornabuoni Arte Firenze, Galleria Unimedia Modern Genova, Nardini Editore, Giampaolo Prearo Editore